Covid 19. Un improvviso tzunami attraversa il pianeta sconvolgendo abitudini radicate in anni ed anni di consolidati schemi e paradigmi. Un fatto è certo, la ricaduta sul modo di fare business è sotto gli occhi di tutti.
I modelli di business a cui le aziende si sono ispirate per decenni hanno mostrato il loro tallone d’Achille, la loro fragilità. E’ bastata l’emergenza che da un giorno all’altro ci ha costretti tutti, chi da subito chi dopo, al remote working, per capire con tutta evidenza che qualcosa di irreversibile stava scardinando certezze. Sparigliando le carte ci interrogava su cosa e dove tutto questo ci avrebbe portato.
Twitter, con l’annuncio ufficiale del suo CEO Jack Dorsey, ha reso lo smartworking una pratica standard da allargare a tutti i dipendenti anche dopo l’emergenza COVID 19.
“Quello che mi manca è quando vai a un incontro fisico, parli con chi ti è accanto, sei in grado di connetterti due minuti prima e due minuti dopo la riunione”. Nadella, N.Y. Times.
Il numero uno di Microsoft, Satya Nadella, al contrario, esclude che i lavoratori di Redmond resteranno lontano dagli uffici anche nel post emergenza.
Da coach amo partire dalle domande. Ecco il primo quesito per chi desidera osservare criticamente il nuovo scenario:
Cosa stiamo imparando?
- Stiamo imparando che “adattarsi a nuovi scenari” è possibile.
- Stiamo imparando che l’isolamento sociale e il lavoro virtuale ci obbligano ad accelerare la DIGITAL TRANSFORMATION.
- Stiamo constatando che il paradigma “PREDICT&CONTROL” non è più applicabile ad un contesto governato dalla massima incertezza con conseguente impossibilità di fare previsioni a medio/lungo termine.
Da dove partiamo?
Ovviamente dall’inizio, partiamo dalle parole.
“in principio era il verbo” dice il primo verso del Vangelo.
Di quali parole sono fatte le idee che stiamo circolando? Cosa ci mostrano, quali strade ci indicano?
La crisi
Di fronte ai cambiamenti siamo soliti orecchiare la parola CRISI. Cosa ci dice?
Dal verbo greco κρίνω, che letteralmente significa “giudicare” e che corrisponde, anche come radice al latino cerno, da cui in italiano “discernere” e “discriminare”, questa parola indica il giudizio, il punto di osservazione che genera la scelta, il processo decisionale.
In estrema sintesi le azioni che decidiamo di intraprendere dipendono dalla fotografia che osserviamo e dalle parole che utilizziamo per descriverla.
La crisi dello status quo, la fragilità dei modelli di business, l’incertezza che ci avvolge appannando lo sguardo, ci costringe a fare scelte con l’aggravante di non prevederne i risvolti, le conseguenze. Siamo passati in un batter di ciglia dal modello previsionale che ci faceva stare comodi nel nominare ed elencare le famose BEST PRACTISES ad un frame work, punto di osservazione, dove ciò che possiamo fare è costruire con ciò che si ha senza la certezza che funzioni. E’ un salto quantico!
E se ci pensiamo, a renderlo ancora più spiazzante, è il momento storico in cui avviene.
Lo scenario attuale
Lo scrittore Alessandro Baricco, nell’inserto di Repubblica, “Il mondo che sarà. Il futuro dopo il Coronavirus”, apre uno squarcio nella coltre di nebbia evidenziando un aspetto di portata colossale. Parlando di crinale storico, Baricco colloca gli avvenimenti di oggi su una linea ideale che separa il vecchio modo di guardare agli eventi dal nuovo sguardo che dobbiamo necessariamente abbracciare.
Tornando al business e a quanto potremo scegliere di fare per rivedere i paradigmi, diventa lampante ciò che SICURAMENTE DOVREMO SMETTERE DI FARE, ovvero gestire il cambiamento con un’intelligenza novecentesca naturalmente figlia di contesti governati da regole e principi saltati a gambe all’aria come tutte le certezze a cui si intrecciavano.
“Ci hanno sfidato a un video game, e noi abbiamo mandato a combattere degli scacchisti” Alessandro Baricco
Per dirla con Baricco, credo che le aziende oggi si debbano seriamente interrogare su quali siano le possibili declinazioni di un nuovo modello di leadership.
Se al leader novecentesco, colui che sa, depositario della conoscenza, erano richiesti skills specialistici fatti di capacità indiscusse e possedute da pochi, oggi al nuovo leader è riconosciuta l’abilità di navigare realtà fluide e complesse.
A tal fine lo specialista passa il testimone ad un altro tipo di sapiente, “quello che sa abbastanza di tutto” o fa lavorare insieme competenze diverse, team non specialisti ma sempre più misti e autonomi.
Leadership Agile
Sono anni che le organizzazioni parlano di leadership agile o adattiva. Questa è la grande occasione per giocare una nuova partita. Le organizzazioni con i loro kit di procedure, processi, logiche interne hanno davanti una nuova scacchiera, avranno il coraggio di inventare un nuovo schema di gioco?
“Un leader deve porre domande scomode e arrecare disturbo, ma a un livello tollerabile dal sistema” Marty Linsky
In Impact ci piace dialogare con i nostri clienti. Qui lanciamo alcune domande aperte, spunto di riflessione al lettore.
Il nuovo modello di leadership, agile nel suo sapersi adattare velocemente entro perimetri sempre meno intelleggibili, saprà mettere i leaders nelle condizioni di comunicare regolarmente in modo autentico e aperto?
Saprà disegnare uno spazio dove chi guida possa e desideri co-creare insieme ai teams incoraggiandone creatività e fiducia?
Consentirà alle organizzazioni di abbracciare con coraggio il dissenso facendolo diventare parte integrante e costitutiva di qualunque processo decisionale che passi attraverso il confronto?
E, infine, sarà capace di liberare il potenziale umano dell’organizzazione?
Seguiteci sul blog, il viaggio è appena iniziato!
Jessica Cucco è Senior consultant & Executive coach Impact. Puoi metterti in contatto con lei qui.