“La resilienza non è fissità, ma movimento dialettico. Resilienza significa saltare indietro, in modo da prendere la rincorsa e, di slancio, superare l’ostacolo” Francesco Botturi
Che la resilienza sia il mantra per superare le difficoltà?
Questo concetto ha acquisito nuovo vigore negli studi sulle organizzazioni perché si ritiene che sia una caratteristica rilevante per spiegare come esse possano sopravvivere e prosperare in mezzo a nuove avversità e profondi cambiamenti.
La resilienza di ogni singolo collaboratore risulta fondamentale, perché influisce direttamente sulle prestazioni dell’intera organizzazione. Per quanto la capacità di adattamento vari in modo significativo da individuo a individuo, da gruppo a gruppo, da azienda ad azienda, l'aumento delle turbolenze a cui un'organizzazione è sottoposta mette a dura prova questa capacità, creando il rischio di sentirsi sopraffatti. I recenti mesi di difficoltà hanno reso ancora più evidente quanto sia determinante sviluppare un forte senso di appartenenza, costruire e condividere uno scopo comune e un sistema di credenze e valori comuni, per rafforzare la resilienza individuale, così come quella di un gruppo.
La resilienza organizzativa per non soccombere al cambiamento
Le pratiche di Change Management si sono spesso concentrate sul promuovere uno stato psicologico di accettazione e apertura verso il cambiamento per assicurare una esecuzione rapida della strategia organizzativa, che superasse le barriere strutturali o culturali che rendevano poco scorrevole il flusso di risorse, idee, lavoro.
Ma in uno stadio evolutivo in cui le strutture sono sempre meno legate a un luogo fisico dove svolgere il lavoro e un numero sempre maggiore di persone accede alla propria attività attraversando e superando i confini di spazio e tempo, dove si inserisce la resilienza organizzativa? In questo contesto, che ricorda molto da vicino il panorama post-Covid, la formula che mantiene funzionante un business comprende una importante parte hardware, tecnologica e una parte ancora più importante che è umana ed è basata sulla resilienza.
È ragionevole quindi ipotizzare che il vero valore della resilienza nelle organizzazioni si possa misurare adottando un approccio che sviluppi in primo luogo persone resilienti. A partire da individui resilienti si possono costruire team e organizzazioni in grado di progredire e crescere anche in condizioni complesse o destabilizzanti. La resilienza deve quindi essere letta in termini dialogici, come un processo che si sviluppa nell’interazione tra persona e ambiente.
Costruire capacità organizzative, agilità e resilienza
La capacità e l’abilità di gestire il cambiamento all'interno delle organizzazioni variano notevolmente perché anche le organizzazioni che sembrano essere soggette a continue modifiche non hanno necessariamente sviluppato questa competenza chiave nei loro collaboratori. Nel comprendere la necessità di potenziare questa capacità in tutte le persone si potrà trasformare il cambiamento in uno stile di ‘vita’ e non qualcosa da evitare.
Ma per affrontare il nuovo senza lasciarsi travolgere dai timori, la sicurezza psicologica percepita sul posto di lavoro è un aspetto fondamentale. È questo che innesca nelle organizzazioni l’innovazione ed è a sua volta correlato alla resilienza: quando le persone agiscono in un ambiente in cui possono sentirsi liberi di esprimersi, agire, e perché no, anche sbagliare, riescono a esplorare nuovi percorsi, proporre soluzioni inedite, modificare un approccio. Se pensiamo alle organizzazioni come un’orchestra sinfonica, i manager dirigono il concerto e ogni orchestrale, pur mantenendo la sua identità di musicista, suona in ‘sinfonia’ con gli altri e con il direttore, contribuendo al successo della performance. Perché l’esecuzione sia davvero ben riuscita, ciascuno impara il suo spartito, il direttore conosce le parti di tutti gli orchestrali, sa dare indicazioni su tempi, ritmo, intensità, perché ha sempre chiaro in mente il risultato finale che desidera ottenere.
Ma ci sono situazioni in cui si è chiamati a improvvisare, come in caso di cambiamenti non previsti. L’organizzazione dovrebbe allora sapersi riconfigurare come un’orchestra... di jazz. Improvvisare non significa trovare soluzioni estemporanee, ma ha a che fare invece con la consapevolezza delle proprie abilità, delle regole, della cultura aziendale, in pratica: ognuno ha imparato a suonare il proprio strumento, conosce le basi della musica e dell’armonia, è in grado di utilizzarle anche senza avere necessariamente uno spartito davanti.
Sviluppare resilienza è una solida base con cui gestire il cambiamento.