“First you will have to understand yourself, because the hardest person you will ever have to lead is yourself. Second to be an effective leader, you must take responsibility for your own development” Bill George
Prima di poter guidare gli altri, devi imparare a guidare te stesso. Se ti sembra un’idea fuorviante perché hai sempre creduto che la leadership avesse a che fare con il dominio della guida degli altri, allora forse è il caso di aprirsi a nuove prospettive inerenti il concetto di leadership.
Già Gandhi diceva "Devi essere il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Queste parole hanno un notevole impatto se riferite alla leadership, alla necessità di sviluppare l'arte di guidare noi stessi come passaggio critico per poter guidare gli altri sulla via del successo.
È la nostra stessa natura umana a spingerci a ‘fare’, per indurre il cambiamento che desideriamo, ma l’errore è proprio concentrarsi su ciò che è fuori di noi e nell'ambiente circostante, senza considerare noi stessi, in primis, e il legame che ci unisci agli altri.
La leadership inizia da te
Quando viaggi in aereo, il personale di volo, in caso di emergenza, raccomanda di indossare la propria maschera di ossigeno prima di aiutare le persone accanto che necessitano di assistenza. Questo esempio offre un punto di vista originale sull’esprimere la leadership a partire da sé stessi. Se è vero come scrive Brené Brown che “Who we are is how we lead", la credibilità di un leader si misura a partire da sé stesso, da come è, da come agisce.
L'auto-leadership è molto di più di una teoria manageriale alla moda, è un approccio alla vita, che si concentra sulla piena, per quanto possibile, consapevolezza e responsabilità dei propri pensieri, sentimenti, azioni e risultati. È l’atteggiamento con cui si affrontano le situazioni e, pertanto, è sia una pratica che va messa in atto quotidianamente, che un percorso, il quale, indipendentemente da dove ti trovi nella vita o nella carriera, comincia con valutare con onestà chi sei, i tuoi punti di forza e quelli su cui investire maggiormente.
Ti fermi mai a porti domande come: quali sono i tuoi valori? Le tue aree di sviluppo? Quali sfide devi affrontare? Quali abitudini e credenze non sono rilevanti per te? Cosa potresti fare di meglio?
Leadership, consapevolezza e accettazione
Il leader di sé stesso è in grado di fare un passo indietro per guardarsi da fuori e sa fornire un'auto valutazione del proprio stato emotivo e di come questo influisce sul suo comportamento e sulle sue azioni nel contesto e sugli altri. Attivare meccanismi meta-cognitivi su ciò che si pensa, si sente e su come si agisce in una situazione particolare è la vera fonte del potere, il potere di scegliere, di essere intenzionali e responsabili del proprio impatto e di apportare le modifiche appropriate per raggiungere i propri obiettivi.
In questo senso, è importante quindi utilizzare la propria capacità di osservazione ‘interna’ per modellare e gestire i propri pensieri, emozioni e comportamenti. Chi sa essere efficace leader di sé stesso ha la consapevolezza, l’autocontrollo, l’autostima, l’autonomia, l’umiltà necessarie per guidare anche gli altri in modo efficace, perché questo processo richiede onestà, coraggio, conoscenza di sé e autodisciplina.
E imparando a osservare sé stessi con curiosità e accettazione, si impara ad attivare un comportamento non giudicante e ad esercitare la compassione, che è la testa di ponte per creare rapporti autentici e genuini con gli altri.
(Per approfondire il tema della leadership trasformazionale leggi anche l'articolo: "Leadership Trasformazionale: l'importanza del purpose")
Da ego a eco per una leadership trasformazionale
Mentre il mondo vive in uno stato di continuo cambiamento e trasformazione, i leader devono però sviluppare non solo una profonda consapevolezza personale ma anche sociale per affrontare, insieme ai loro team, le difficoltà che si potranno presentare. Avere aver chiaro l’impatto delle proprie azioni sugli altri, e il grado di connessione e interdipendenza con gli altri sono l’ancora di salvezza di ogni buon leader. Il leader, infatti, si misura nella relazione dinamica con gli altri e con sé stesso.
Proprio Edgar Schein focalizzando l’attenzione sulle relazioni e le connessioni tra le persone dice “Interdipendenza e cambiamento costante diventano uno stile di vita in cui l’umiltà, di fronte a tutta questa complessità, è una capacità critica per la sopravvivenza”. La leadership quindi non può essere intesa come una visione ego-centrica, costruita intorno al leader, ma è un eco-sistema, composto di parti, che condividono la stessa responsabilità e che compartecipano ai risultati ottenuti.
Anche Jim Collins in “Good to great” collega in una corrispondenza biunivoca le organizzazioni che si distinguono dalle altre - great - con leader storicamente determinati e umili. Nel suo significato autentico, il termine ‘umiltà’ indica un “sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé”.
Sebbene sia un concetto integrato nella storia del pensiero, se ne parla poco, soprattutto a livello di management, come se incorporare l’umiltà nelle capacità di un buon leader ne abbassasse lo status. Invece, a ben vedere, questo sentimento ben si colloca tra le soft skill necessarie a guidare sé stessi, prima, e gli altri, dopo, perché è un esercizio di profonda conoscenza di sé che ci permette di agire in modo più efficace e rispettoso dei collaboratori.
La conoscenza dei propri punti di forza e dei propri limiti diventa una vera e propria risorsa per individui, leader e organizzazioni, perché un leader umile agisce orientato da un bene più grande e da una visione meno gloriosa di sé, promuovendo le capacità degli altri e il loro potenziamento.