“Start with good people, lay out the rules, communicate with your employees, motivate them and reward them. If you do all those things effectively, you can’t miss.” Lee Iacocca
Mai come nell’ultimo periodo i leader hanno dovuto affrontare la complessa sfida di guidare e gestire team da remoto o in team ibridi, che mixano il lavoro in presenza con quello smart. Le attività che prima erano svolte quasi esclusivamente vis-à-vis vengono private della dimensione fisica, verrebbe da dire quasi della dimensione ‘umana’, perché molti aspetti sottili, meno evidenti e tangibili, come le emozioni, rischiano di perdersi lungo la connessione 5G della prossima riunione su Zoom, Google meet, Teams… o qualunque altro strumento di meeting online.
È risaputo che ogni essere umano ha dei bisogni personali e interpersonali, la cui soddisfazione incide sulla sua capacità di crescere, migliorare e contribuire al raggiungimento degli obiettivi del team e dell’organizzazione stessa. Alcuni di questi bisogni sono comuni a tutte le persone: l'inclusione, il riconoscimento, il senso di appartenenza… La cosa meno risaputa è che una delle principali sfide che comporta il lavoro a distanza è proprio il soddisfacimento di questi bisogni, perché quando viene meno la ritualità di cui si compongono, per esempio, il senso di comunità e di appartenenza, il rischio di sentirsi soli diventa molto concreto. E poiché le prestazioni di un team dipendono anche dalle connessioni autentiche e disinteressate che si realizzano tra i suoi membri, incluso il leader, è necessario creare e facilitare momenti per lasciare più spazio proprio alle relazioni, creando un ambiente psicologicamente sicuro, per quanto ‘virtuale’. Per costruire relazioni di qualità è opportuno attivare sentimenti di fiducia, accettazione, ascolto attivo, empatia, umiltà, cura. È chiaro che questi non possano essere suscitati solo inviando e-mail, condividendo contenuti utili e dandosi appuntamento per videoconferenze e meeting di lavoro.
Leader o manager? E se fosse un falso problema?
La necessità di ricreare anche ‘a distanza' delle relazioni autentiche, rimanda alla dicotomia tra diverse accezioni di leadership. Alcuni leader, infatti, pensano al loro lavoro come all’esercizio di controllo, altri lo descrivono in termini di facilitazione, alcuni lo percepiscono come focalizzato sulla performance e altri lo vedono come coaching. In tutte queste interpretazioni, che ci sia un distinzione chiara e significativa tra leadership e management è una convinzione inutile e in parte sbagliata. Nella teoria, infatti, può resistere una divisione netta tra leader e manager, ma quando circoscriviamo il campo mettendo a confronto leader efficaci e manager efficaci, è difficile che la pratica li tenga disgiunti: un buon manager sa anche essere leader per i suoi collaboratori e un buon leader sa sicuramente gestire e organizzare la propria squadra.
Ma cosa accade quando si tratta di gestire i team da remoto? Servono delle competenze diverse?
Attività come il reclutamento di nuovi collaboratori, il monitoraggio delle prestazioni, la creazione di una cultura aziendale e la garanzia di una comunicazione efficace sono alcuni dei problemi con cui si confrontano i leader nell'epoca della nuova economia globale dispersa. Soprattutto l’argomento legato al monitoraggio delle prestazioni resta una spina nel fianco di molti manager, che sono ancorati all’idea del controllo, nel senso tradizionale dell’output - per esempio il numero di ore lavorate - e soffrono la difficoltà creata dalla distanza del lavoro da remoto.
Uno dei più grandi malintesi è che il tempo trascorso alla scrivania sia proporzionale alla quantità e qualità di successo e che le persone siano meno produttive quando non lavorano in ufficio. L'idea, quindi, che i leader possano anche non aver bisogno di eseguire questo tipo di monitoraggio suona quasi rivoluzionaria. Eppure, proprio la distanza impone di ripensare le prestazioni e il successo nei termini di come un collaboratore soddisfa le aspettative chiare, stabilite dal manager. Non più output, ma outcome, dove per output intendiamo le azioni o i deliverable, spesso oggetto di indicatori aziendali, mentre per outcome ci riferiamo a obiettivi strategici per l’organizzazione. Non solo ‘cosa’ ma ‘perché’. Ed è proprio questo approccio che concede ai team la flessibilità e la libertà di esplorare il percorso migliore per raggiungere gli obiettivi.
Team remoti: la chiarezza e la relazione al centro
Hai mai pensato alla possibilità che il lavoro da remoto sia un’opportunità per la tua leadership e per il team?
Guidare team remoti con successo significa, tra le altre cose, costruire una cultura basata sulla qualità dei risultati e non sul tempo. In questo tipo di ambiente di lavoro ‘dematerializzato’, uno dei prerequisiti fondamentali per la collaborazione e la crescita è la fiducia.
Se cadenza e disciplina negli incontri online sono passaggi inevitabili per mantenere elevato il coinvolgimento di tutti ed essere allineati sui progressi di ogni progetto, la comprensione dell'impatto della comunicazione che i leader possono avere sui propri team è lo snodo di una efficace remote leadership.
Lavorando da remoto, il rischio è di sentirsi persi, soli e di perdere il senso di appartenenza al team e all’organizzazione. La cultura, in particolare, è messa a rischio dal lavoro a distanza, perché dipende spesso da attività condivise e reiterate nel tempo. Tuttavia, anche nell’ambiente di lavoro remoto, ci sono dei modi per forgiare e mantenere la cultura aziendale. Per attuarli, bisogna accettare di rinunciare a una parte di formalità in favore di una comunicazione più diretta, immediata e non-mediata. Incontri anche informali, attivazione di canali per la comunicazione sia verticale che orizzontale, attività di team building sono alcuni strumenti che il leader può esplorare per creare relazioni di qualità e mantenere i membri del team partecipi e proattivi.
La sfida dell’accettazione nella leadership remota
Ogni azione intrapresa nel lavoro da remoto ha una cassa di risonanza proprio nella distanza, che ne moltiplica il peso e ne può aggravare le sensazioni conseguenti. Quando viene meno la comunicazione non verbale, si rischia di dare eccessivo valore al solo contenuto, tralasciando di porre attenzione a come si senta l’altra persona, a come il team stia affrontando una determinata situazione.
L'autore James Humes ha detto che "L'arte della comunicazione è il linguaggio della leadership". Tuttavia, quando sei un leader e gestisci un team nell'ecosistema del lavoro a distanza, proprio la comunicazione diventa un’attività tanto importante quanto difficile. E nella difficoltà, comunicare le aspettative è particolarmente critico. Per questo è importante per il leader prendere consapevolezza e accettare di non avere tutte le risposte e di partire da se stesso, per imparare a guidare un team a distanza. È rassicurante l’idea di sentirsi in grado di guidare gli altri attraverso qualsiasi scenario, ma in tempi di incertezza è realistico, è umano, è accettabile: non sapere. Invece che limitarsi a dire ai collaboratori cosa fare, è meglio capirlo insieme. È l’occasione per attingere alle risorse del team, chiedendo come si sentono le persone e come hanno bisogno di essere sostenute, è l’opportunità per reinventare insieme il modo di lavorare, creando maggiore coesione, coinvolgimento e responsabilizzazione del team.